In montagna si beve così

La montagna, un ambiente che molti amano. La sua imponenza, che lascia senza parole. Le sue dolci pendenze, che si lasciano accarezzare dagli sportivi distratti della domenica. L’aria pulita, fresca, che restituisce ossigeno al corpo e alla mente.

Ma la montagna devi averla dentro, per amarla veramente. E’ ostica. Solitaria. Fredda. Estrema.

Regala angoli unici, dalla bellezza stupefacente, ma ti mette alla prova e ti insegna il rispetto. Il rispetto, e il rapporto saldo con la terra che sta ai piedi del Monviso è la prima cosa che respiriamo. E’ un legame immediato, naturale, viscerale. Ogni uomo e donna a cui rubiamo qualche attimo, ha la consapevolezza del proprio territorio. Qui la storia parte da lontanissimo, e viaggia nei secoli, per dare ad ognuno, col suo percorso, la missione di conservarne il patrimonio vinicolo. Tutto parla di vino, qui nelle colline saluzzesi; e ogni vino che qui si trova, racchiude in sé la potenzialità di una zona di Piemonte, ancora una volta forziere di tesori grandi, unici, racchiusi in un fazzoletto di terra.

Il Pelaverga, portavoce indiscusso dell’orgoglio saluzzese, già presente e documentato nella storia del Marchesato di Saluzzo. Frutto e spezia che si incontrano, si sposano, si fondono: la carezza di un amante appassionato, che conquista e non si fa dimenticare. Lo Chatus, rustico eppur nobile: erbe aromatiche, susina e mirtillo maturi, con una nota di leggero vegetale. Raramente vinificato in purezza, regala struttura e corpo, per sostenere gli uvaggi locali. La Neretta Cuneese, altro autoctono della zona, vigoroso, resistente, produttivo; in passato conosciuto col nome di “vite dell’uomo povero”, oggi componente importante delle Colline Saluzzesi Doc Rosso. E il Quagliano, definito da Veronelli “un vino simpatico”, localizzato oggi sulla collina tra Costigliole Saluzzo e Busca, vinificato in secco o spumante, o ancora in dolce, con la fragolina di bosco e il lampone che danno l’idea della dolcezza di queste zone, sincera ma non stucchevole.

Nei vini, e in chi li produce, ritroviamo tutte le caratteristiche della zona: l’entusiasmo di Gianfranco, che mentre ci accompagna in giro ci racconta i segreti di ogni angolo della collina; l’insegnamento di Ernesto, che c’è stato nei momenti storici delle conquiste dei produttori, e oggi ne racconta la storia, continuando ad esserne parte. La forza di Vanina, straordinaria Presidente che si applica al massimo per non perdere di vista il cammino di tutti e creare un gruppo solido, che coltivi con l’uva l’idea di sostenersi per un fine comune. Gli occhi timidi e sinceri di Aurelio e Serena, padre e figlia che si aiutano e si supportano a vicenda nel lavoro e nella vita. La disponibilità di Michele, punto di riferimento unico e fondamentale per tutti. La tenacia di Emidio, che con spirito visionario recupera il vigneto del castello della Manta e lo lavora con ottimi risultati. L’orgoglio e l’impegno di Marialuce, che porta avanti la missione di conservare e proseguire la storia di quei vitigni che suo padre aveva fortemente riportato alla vita di queste zone. La solarità di Marco, giovane produttore, sorriso sempre in tasca, idee chiare e totale apertura al confronto.

Piccoli produttori, ognuno con la sua storia, ognuno parte della storia di un solo territorio. Esempio di fermezza e volontà di realizzare il sogno di una terra, che insegna a sopportare, a combattere, a tenere alta la guarda, a guardare avanti. Per diventare un modello di unione e forza, riconoscibile.

Come il profilo del Monviso, che in ogni momento, anche se sembra lontano , è un punto di riferimento.

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